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La festa del villaggio

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LA FESTA DEL VILLAGGIO

 

Persone sole e coppie e capannelli,

la piazza un segno, un sogno, un’attrazione

un tempo altro di distrazione

dal proprio giorno, dai propri fardelli.

 

Srotola il Mago i suoi trucchi ad effetto

qualcuno lo ricorda ed è perfetto

altri li sbaglia e lo fa goffamente

ma non ci fa troppo caso la gente.

 

La Strega è un’infermiera praticona

se pure non guarisce i suoi pazienti,

fanno la fila e vanno via contenti,

non è cattiva, non è neanche buona.

 

Ha una sua palla di vetro la Strega

in cui ha letto il proprio destino,

nessuno è ammesso a andarci vicino

lei sola legge la sorte e la spiega.

 

È un’arte appresa la magia del Mago

fatta di un lento sforzo quotidiano,

si lascia a volte prendere la mano,

evoca un angelo e gli appare un drago.

 

Capelli svigoriti e seno fiacco,

la Strega cura ormai solo se stessa,

ogni cliente per lei è una scommessa,

che termina al momento dell’incasso.

 

Il Mago è un uomo strano, elementare,

il pubblico per lui son solo visi

di donne giovani e aperti sorrisi

e gli dispiace vederli invecchiare.

 

La Strega è una donna non da poco

sa bene che la vita non è un gioco

e che bisogna tenerla a bada

ad evitare che il peggio accada.

 

È ingenuo il mago e conserva una fede:

che se la vita è una breve illusione

può farsi viva ogni sua finzione.

E chi segue i suoi incanti un po’ ci crede.

 

La Strega è stanca, ha vissuto tanto,

se ha dei poteri, le manca la forza,

ma la sua pelle è una dura scorza,

pronta per la realtà, non per l’incanto.

 

Gente griffata con abiti scadenti

vecchie ricurve appese a cagnolini

ma anche molte mamme con bambini

tutti a inseguire il gioco dei momenti.

 

E' il mio popolo questo, la mia gente

figlia di tempi mai stati migliori

semi rugosi hanno figliato i fiori

di una ricchezza ch’è in realtà indigente.

 

Da chi andrà questa folla nella fiera,

quell’uomo vecchio e poco intelligente,

quella ragazza ancora adolescente,

per leggere il futuro, qui, stasera?

 

Il Giullare si agita e si sbraccia

ma non gl’importa che alla gente piaccia,

coi campanelli scuote la testa,

sembra che dica: “E' qui da me la festa.”

                                                         QuinGen23

 

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